Ancora un aumento della bolletta elettrica in arrivo. Il ministro per la Transizione Ecologica Roberto Cingolani ha dato l’annuncio recentemente a Genova, al convegno della Cgil Quale sviluppo per il futuro della Liguria. «Lo scorso trimestre la bolletta elettrica è aumentata del 20%, il prossimo trimestre aumenta del 40%. Queste cose vanno dette, abbiamo il dovere di affrontarle».
La preoccupazione che esprime il ministro non è tanto per il prezzo in sé, quanto per la difficoltà che famiglie e imprese incontreranno nell’affrontare la spesa e per la difficoltà a risolvere il problema dei rincari nel breve periodo.
Il problema dell’approvvigionamento di energia, per l’Italia e il mondo intero, è infatti sistemico. Come avevamo già spiegato sommariamente a dicembre, il prezzo dell’energia varia con l’aumento del costo delle materie prime e in Italia prevalentemente in relazione al gas naturale, la cui combustione è ancora uno dei principali mezzi di produzione. Ogni aumento della bolletta elettrica, quindi, sarà sempre legato all’aumento del prezzo del gas naturale, almeno sino a quando questo servirà per produrre circa il 60% dell’energia elettrica in Italia.
L’utilizzo del gas metano per la produzione di energia ha quindi un doppio impatto. Da una parte il prezzo aumenta perché la richiesta della materia prima in sé aumenta: con la stagione fredda e l’utilizzo massiccio anche per gli impianti di riscaldamento, ma anche come costo nel mercato internazionale, dove il gas sta diventando paradossalmente il sostituto green di carbone e petrolio. Dall’altra aumenta anche il prezzo delle quote da pagare per l’inquinamento prodotto.
Il mercato europeo delle emissioni ETS (Emissions Trading System), infatti, prevede che le imprese che producono CO2 con le loro attività paghino una sorta di tassa aggiuntiva ogni tonnellata emessa oltre il limite consentito. Il limite viene abbassato periodicamente, per spingere le aziende a decarbonizzare, permettendo però l’acquisto o la vendita di quote di CO2, e lo scambio tra aziende.
Secondo quanto riporta Jacopo Giliberto su il Sole 24 Ore, nell’ultimo anno il costo della CO2 nel mercato ETS EU è passato da circa 20-30 euro a tonnellata a circa 50-60 euro a tonnellata. Allo stesso modo il costo del chilowattora alla borsa elettrica italiana un anno fa si variava tra i 20 e i 40 euro per mille chilowattora, oggi la quota nel GME è di circa 140 euro.
Il problema dell’aumento della bolletta elettrica comunque non riguarda solo il gas, né solo l’Italia. Altri paesi con approvvigionamenti energetici differenti dal nostro, più legati all’eolico, all’idroelettrico o al nucleare – sempre seguendo quanto riportato su il Sole 24 Ore – non starebbero affrontando una situazione migliore. Nonostante l’impegno per lo sviluppo degli impianti eolici, il Regno Unito si ritroverebbe con molte pale in attesa di vento, e il costo della materia base energia sino ai 2 euro a chilowattora. La Francia, tra i paesi con la più alta produzione di energia elettrica da nucleare, o l’Austria, con un’alta produzione idroelettrica, si ritroverebbero nella stessa situazione.

Come sottolinea Giliberto nel suo articolo, il più è dovuto a un “gioco” di mercato: tutti i produttori di energia cercano di guadagnare il massimo dalla vendita del loro prodotto energetico, che sia nucleare o rinnovabile, posizionando quindi le proprie quote ad un prezzo di poco inferiore a quello dell’energia da fonti fossili.
Il problema rimane comunque per famiglie e imprese utilizzatrici. «Se l’energia aumenta troppo di costo, le nostre imprese perdono di competitività e i cittadini, soprattutto quelli di reddito più basso, faticano ulteriormente per pagare beni primari come energia e gas. Queste cose vanno considerati importanti come la transizione ecologica» sottolinea il ministro, che si impegna a lavorare con tutto il governo e le istituzioni competenti per la mitigazione dei costi in bolletta.
Nell’ultimo trimestre il governo ha usato circa un miliardo e 200 milioni, ricavati dalla vendita delle quote di emissione sul mercato ETS EU, per limitare l’aumento della bolletta elettrica agli utenti finali. Stessa strategia da adottare anche per questo trimestre secondo Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unione Nazionale Consumatori, che evidenzia come questi aumenti sarebbero una pesante batosta per i consumi dei cittadini e per la capacità di sopravvivenza delle imprese.
Sempre secondo Vignola, sarebbe importante agire ancora più in profondità, ristrutturando la composizione della bolletta ed eliminando per esempio gli oneri di sistema «oramai superati» così come i costi legati alla messa in sicurezza del vecchio nucleare italiano e spostando sulla fiscalità generale gli altri costi dell’energia, su tutti gli incentivi alle fonti rinnovabili, che ora invece finiscono in bolletta.
Un modo di nascondere il reale costo dell’energia verde e degli incentivi alle rinnovabili, secondo Jacopo Giliberto, e spostare «su tutti i cittadini il sovraccosto generato dai soli consumatori elettrici». Tuttavia, il costo degli incentivi all’energia fossile lo pagano ancora e l’hanno pagato sempre i cittadini, così come dovranno (e dovremo) pagare il peso del cambiamento che i nostri consumi elettrici a base fossile già portano sui nostri territori.