Idrogeno verde: energia del futuro o nuovo miraggio?

L’idrogeno verde è ormai sulla bocca di tutti come futuro per l’energia. Vediamo cos’è, come si produce e quale destino può incontrare nel mondo dell’energia

I tempi per la decarbonizzazione dell’economia mondiale si fanno sempre più stringenti e le strategie sempre più complesse. Tra i protagonisti delle politiche energetiche future sembra esserci il cosiddetto idrogeno verde, che sarebbe in grado di sostituire buona parte delle componenti fossili del sistema economico attuale e traghettare il mondo verso una situazione economica allo stesso tempo stabile ed ecosostenibile.

Cos’è l’idrogeno e come funziona

L’idrogeno è uno degli elementi più presenti in natura. Le stelle son in buona parte formate da idrogeno, ed è presente in quasi tutti gli esseri viventi. Sulla Terra, però, l’idrogeno puro non esiste: lo troviamo in grande quantità, ma combinato ad altri elementi in diverse quantità. L’acqua su tutte, o il metano. L’idrogeno è quindi un elemento molto presente sul nostro pianeta, ma per essere utilizzato in forma pura ha bisogno di essere separato ed estratto dalle molecole a cui è legato.

Idrogeno verde, grigio e blu: come si produce

Il punto della transizione ecologica legata all’idrogeno sta proprio in questo punto. Quale idrogeno utilizzare? E quali problemi ambientali può creare l’estrazione dell’idrogeno? Su quest’argomento sono nate quindi 3 categorie all’interno del quale classificare l’idrogeno prodotto: grigio, blu e verde.

Capiamoci, l’idrogeno è sempre quello, la molecola H2, in qualunque modo venga estratto. Ma proprio perché, come abbiamo detto, sulla Terra l’idrogeno è sempre legato ad altri atomi dai quali va separato, gli elementi di scarto sono ciò che pone il problema. Se estratto dal metano (CH4), come avviene per la maggior parte della produzione oggi, o dal carbone, ciò che otterremo saranno elementi cancerogeni o climalteranti, come ad esempio la CO2, ovvero il problema che si cerca di aggirare. Se l’idrogeno è estratto dall’acqua (H2O), invece, si ottiene ossigeno.

Avremo quindi questa classificazione:

  • Idrogeno grigio: è l’idrogeno estratto dal metano o dal carbone (steam reforming) senza dispositivi di cattura della CO2. È il processo di estrazione utilizzato nell’ultimo secolo.
  • Idrogeno blu: il procedimento di estrazione è uguale al precedente, ma si applicano strategie di cattura dell’anidride carbonica, che potrà poi essere riutilizzata o stoccata sotto terra.
  • Idrogeno verde: è ottenuto tramite un processo di elettrolisi dall’acqua. Richiede molta energia elettrica, motivo per cui in passato questo processo è stato poco praticato, ma lascia dubbi anche ora perché tanta energia elettrica è ancora prodotta con fonti fossili.

L’utilizzo dell’idrogeno: nuovo combustibile o vettore di conservazione?

A questo punto del progresso umano, però, abbiamo diverse fonti sicure per la produzione di energia elettrica pulita. Il problema è però cosa fare dell’idrogeno verde una volta estratto. La quantità di energia necessaria a produrlo è decisamente superiore a quella che si può ottenere nel suo riutilizzo come combustibile, e per questo potrebbe esser visto come uno spreco di energia pulita utilizzabile invece per alimentare direttamente un’automobile o una casa. Mediamente si stima che per fare un chilo di idrogeno da elettrolisi occorrano circa 50 kWh.

Tuttavia, se in passato i costi esorbitanti in relazione alla resa hanno lasciato l’idrogeno nell’attuale scarso 2% del consumo energetico europeo (nella quasi totalità prodotto da fossile), in futuro si prevede di incentrare sull’idrogeno verde la strategia di sicurezza energetica europea.

Le tecnologie per la produzione di energia elettrica pulita hanno il grande vantaggio della loro rinnovabilità costante (almeno vento e sole), ma il vantaggio di non essere produttive in ogni momento (la notte, o in assenza di vento), e questo pone grossi limiti nell’abbandono dei combustibili fossili. Inoltre nei settori detti hard to abate (cementifici, trasporto a lunga percorrenza, chimica, acciaierie e altri) l’alternativa al fossile non può che richiedere un altro mezzo che non dipenda dai cicli solari o dal meteo locale.

Per questo le strategie di impiego dell’idrogeno sono due. Essere impiegato come combustibile, da utilizzare proprio in quelle situazioni in cui al momento la tecnologia non permette un utilizzo efficiente del calore prodotto dall’energia elettrica, abbattendo pesantemente l’inquinamento visto che il prodotto della combustione dell’idrogeno è l’acqua. È inoltre altamente efficiente dal punto di vista energetico: un chilo di H2 sviluppa mediamente 142 MJ di energia, mentre il gas naturale produrrebbe 56 MJ, i combustibili derivati dal petrolio circa 46 MJ, il carbone 32-36 MJ.

In alternativa l’idrogeno verde può essere utilizzato come vettore di conservazione, ovvero prodotto per creare delle batterie altamente efficienti in cui stoccare chimicamente l’energia elettrica (che di per sé non si può conservare) per i momenti e i posti in cui il vento, il sole, o la forza cinetica dell’acqua non possono intervenire in continuazione.

energia sostenibile verde

Alcuni progetti di utilizzo dell’idrogeno verde in Italia

Il mondo dei trasporti e dell’energia si muovono, quindi, nella direzione auspicata dai piani europei. Come riportato pochi giorni fa su Il Sole 24 Ore, la spagnola Iberdrola, in collaborazione con altre importanti aziende che si occupano di infrastrutture (AECOM), sviluppo sostenibile (Ancitel Energia e Ambiente) e soluzioni di utilizzo dell’idrogeno verde (Cinque International) hanno siglato un protocollo d’intesa per la riconversione in chiave sostenibile della ferrovia che collega la provincia Arezzo a quella de L’Aquila.

Allo stesso modo, la Shell Energy e l’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) hanno recentemente siglato un accordo di collaborazione triennale per studiare le strategie di trasformazione dei processi produttivi hard to abate (acciaio, cemento, vetro, ceramica, carta e alluminio). Lo scopo è quello di traghettare verso la decarbonizzazione quel che rimane dell’industria nazionale, cerando anche di potenziare l’esistente. Lo scopo finale, infatti, come dichiarato dal dirigente Enea Giorgio Graditi è «lo sviluppo di una filiera nazionale in questo settore […] per sostenere la nascita e la crescita di un ecosistema dell’idrogeno nel nostro Paese e all’interno del bacino Mediterraneo».

C’è davvero un futuro per l’idrogeno verde?

Un interessante intervento sul futuro dell’idrogeno lo possiamo trovare nell’intervista rilasciata da Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel spa, alla rivista di geopolitica Limes nell’ultimo numero del 2020. In una conversazione intitolata Rinnovabili, la rivoluzione ineluttabile, Starace sottolinea il costo effettivo della produzione di H2 attualmente, sia per quanto riguarda l’idrogeno verde che blu. Attualmente il costo rimane proibitivo, sottolinea, ma uno sviluppo industriale della catena di produzione, con l’abbattimento del costo di produzione degli elettrolizzatori, potrebbe portare invece il prezzo dell’idrogeno verde «alla pari se non al di sotto di altre fonti di energia».

Tuttavia è importante guardare ai tempi stretti che abbiamo di fronte e a quanta ricerca c’è già dietro questi processi, ma soprattutto capire come organizzare la produzione e la gestione con questo nuovo prodotto. Secondo l’AD Enel, infatti, bisognerebbe velocizzare il cambiamento, produttivo e di prospettiva: «se non arriviamo in porto tra cinque anni, dopo non ce la faremo più. L’esperienza insegna che insistere oltre significherebbe accanirsi inutilmente».

Ma è proprio il modello di business che andrebbe cambiato per imprimere un’accelerazione: non grandi impianti centralizzati che producono idrogeno e lo trasportano tramite camion o tubature in giro per il mondo, creando altre situazioni di attrito internazionale e ricatti come già avviene per petrolio e gas.

Sarebbe più logico invece puntare a impianti ridotti, «tanti elettrolizzatori modulari disposti nei vari punti di consumo», proprio perché «oggi siamo perfettamente in grado di muovere acqua ed elettroni per il mondo, molto meno l’idrogeno».